Sto per procurarmi una bicicletta per la prima volta da diversi anni a questa parte.
È una bici di terza, quarta mano: vivo a Milano, non ho un garage, non posso portarmi la bici in casa, inutile spendere centinaia se non migliaia di euro per una bici che sarà esposta agli agenti atmosferici e rischia di essere rubata.
Questa scelta mi fa stare bene, consumisticamente parlando.
Però…nel mio carrello su Amazon sono entrati circa 200 euro di materiale, tra pompa, catene, camere d’aria, attrezzi e accessori vari. Nella mia lista dei desideri, probabilmente altri 200 euro di accessori.
Si chiama effetto Diderot, ed è quando un acquisto di qualsiasi tipo scatena una serie di acquisti a cascata fino al punto che finiamo per sentirci in colpa di aver effettuato il primo acquisto.
È un modo per descrivere un comportamento che genera una spirale consumistica tutte le volte che facciamo un acquisto.
Che c’entra agile?
Agile non è propriamente un bene fisico di largo consumo e probabilmente l’effetto Diderot non si dovrebbe applicare a questo contesto…ma ne siamo davvero sicuri?
Dalla quantità di aziende che sono alla terza, quarta ondata di trasformazioni agili, che hanno avuto a che fare con quest* o quel* consulente uscendone deluse e insoddisfatte, direi che un po’ di “consumo inconsapevole di agile” in questi anni c’è stato.
Come disinnescare l’effetto Diderot?
Di nuovo, sto facendo un paragone forzato, un esercizio ipotetico: l’effetto Diderot si applica all’acquisto di beni fisici, non a qualcosa di complesso come agile.
Tuttavia ci sono alcuni suggerimenti su come evitare questi effetti perversi che possono tornare utili.
- Riduci l’esposizione
- Compra solo quello che si incastra nel tuo sistema
- Fissa dei limiti auto-imposti
- Comprane uno, lasciane uno
- Stai un mese senza comprare qualcosa
- Smetti di volere cose nuove
1. Riduci l’esposizione
Avete presente quando state pensando se comprarvi quel paio di scarpe e iniziare a vedere pubblicità di quel paio di scarpe ovunque? Sui siti web, su Facebook, su Instagram, su Twitter.
Ogni abitudine che abbiamo ha uno sorta di innesco o segnale che la attiva.
Come facciamo a ridurre l’esposizione a questi inneschi?
Forse segui troppi consulenti, come me?
Forse segui troppe newsletter sull’argomento?
Forse segui troppi hashtag su LinkedIn e Twitter?
Forse hai partecipato a troppe conferenze?
Prova a disintossicarti per qualche settimana (smetti pure di leggere quello che scrivo o di seguirmi) e cerca di capire come questo bombardamento influisce sulla tua percezione dei problemi.
2. Compra solo quello che si incastra nel tuo sistema
Uno dei principi di Kanban è: inizia con quello che fai ora (meglio ancora: capisci quello che fai ora…).
Troppo spesso ho visto aziende che iniziavano il loro percorso cambiando come prima cosa l’organizzazione.
Poi inserendo nuovi ruoli.
Fallendo, sopraffatte dalle difficoltà, iniziano ad assumere ruoli “da fuori” – principalmente Scrum Master e Agile Coach.
Poi, a volte ad anni di distanza, lavorano sulle pratica.
Il che è praticamente il contrario di quello che dovrebbe accadere.
Mi capita di vedere aziende che hanno “installato” un modello organizzativo, ma che, anche a distanza di diversi anni dalla presunta fine della “installazione”, continuano a lavorare come lavorano prima.
Anzi, lavorano peggio, perché la nuova struttura organizzativa è quasi sempre più o meno disfunzionale rispetto al reale flusso delle attività.
Così come se compriamo una bicicletta nuova possiamo usarla anche indossando il casco vecchio, dobbiamo prioritizzare quello che vogliamo adottare in termini di pratiche agili, “battezzando” fin dal principio cosa invece non cambierà.
3. Fissa dei limiti auto-imposti
Questo punto è fortemente correlato al precedente, è una ulteriore forma di limitazione.
Spesso pensiamo che fare agile significhi dover avere un piano di trasformazione per l’intera azienda.
E se invece ci limitassimo a inserire una retrospettiva regolare per solo un singolo team di progetto?
Massimizzare quello che possiamo imparare da un piccolo esperimento ben definito batte un grande, esteso ma superficiale piano di trasformazione 10 a zero. Ti fa anche risparmiare un sacco di soldi e aumentare il ritorno dell’investimento a dismisura, nel caso questi fossero temi sensibili.
4. Comprane uno, lasciane uno
Non è infrequente che la spirale di acquisto crei delle ridondanze. Purtroppo nelle aziende queste ridondanze hanno spesso a che fare con i ruoli delle persone o le strutture organizzative.
Ci dotiamo di Scrum Master, ma non sappiamo bene che farcene.
Oppure, diamo a persone che sono oberate di lavoro nel loro ruolo quotidiano anche la responsabilità di essere Scrum Master.
Si può vivere anche senza Scrum Master, quello di cui la stragrande maggioranza di team hanno bisogno è uno o più facilitatori.
Stesso discorso vale per le strutture organizzative: ci serve davvero un centro di eccellenza (CoE) (con conseguenti ruoli e struttura gerarchica di supporto), oppure abbiamo bisogno di una migliore distribuzione delle competente nei nostri team?
Questo principio “comprane uno, lasciane uno” per quanto riguarda il consumismo significa liberarsi di qualcosa prima di comprare qualcosa di nuovo.
Per quanto riguarda agile non è così estremo, né possibile o consigliabile farlo.
Tuttavia poniamoci delle domande: molto spesso quello che cerchiamo di risolvere con nuovi ruoli o nuove strutture organizzative è una carenza e cattiva distribuzione delle competenze che deriva da una scarsa visibilità del processo lavorativo.
Nuovi ruoli e nuove strutture organizzative sono solo le soluzioni più complesse e più popolari, e non necessariamente quelle più adeguate al tuo contesto.
5. Stai un mese senza comprare qualcosa
C’è una sindrome che chiamo “cambiare mentre si sta cambiando”: come dicevo al punto 3, riguardo al darsi dei limiti, dovremmo sempre limitare deliberatamente, e a volte anche arbitrariamente, la quantità di aspetti che vogliamo cambiare in azienda.
Può anche non avere necessariamente a che fare con il “comprare” ma anche solo con adottare o cambiare alcune pratiche.
Ad esempio: ho sentito spesso team che cambiano formato della retrospettiva ogni due settimane.
Perché? Perché si dice che il formato della retrospettiva “può annoiare”. Ma il punto della retrospettiva non è intrattenere, ma evidenziare problemi e trovare le azioni di miglioramento.
Ho visto team efficacissimi usare lo stesso formato di retrospettiva per anni.
Si saranno annoiati qualche volta? Certo, forse, ma da ciascuna di quelle “noiose” retrospettive uscivano sempre azioni concrete che il team metteva in atto per migliorare continuamente il modo in cui lavorano.
Non cambiamo per il gusto di cambiare.
6. Smetti di volere cose nuove
Questo più che un suggerimento è una conseguenza dell’aver applicato i precedenti cinque punti.
Se riduciamo la nostra esposizione al sensazionalismo agile, se ci limitiamo ad applicare solo quello che si incastra davvero nel nostro sistema organizzativo, se ci fissiamo dei limiti, se smettiamo di aggiungere novità, alla lunga il desiderio di provare costantemente qualcosa di nuovo solo perché nuovo dovrebbe diminuire.
Consuma agile responsabilmente
Benché agile non sia un bene fisico di largo consumo trovo che l’effetto Diderot si applichi alla perfezione anche a questo contesto.
Anche i modi per contrastare queste spirali di consumo e adozione irresponsabile credo si applichino all’abuso di pratiche agili e correlate.
Quello che mi piacerebbe vedere è un consumo critico e responsabile di pratiche agili.
Per il momento quello che vedo, al massimo, è una adozione cieca delle pratiche (cargo cult) oppure un rigetto a prescindere o una estrema cautela guidata dal pregiudizio di esperienze passate.
Confusione e paura, entrambe più che giustificate, sono i sentimenti prevalenti: la mia speranza è sempre quella di aprire la strada ad una sana “via di mezzo informata”.
Due chiacchiere? Facciamoci una chiacchierata rapida per capire se e come posso esserti utile.
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