I futuri (plurale!) del lavoro

La pandemia ha dato uno scossone alle nostre visioni del futuro del lavoro: si è sempre giocato a guardare nella sfera di cristallo delle nostre sorti lavorative, ma mai come durante questa emergenza mondiale si era generata una tale quantità di pronostici, spesso molto discordanti tra di loro.

Il futuro del lavoro non sarà solo fatto da persone che lavorano da dove vogliono, quando vogliono e con chi vogliono: le previsioni che facciamo solitamente sull’impatto che le tecnologie avranno sul lavoro e sull’economia sono talvolta sbagliate, talvolta esagerate, talvolta riduttive

Quello che segue è un riassunto di un eccellente analisi sugli scenari del futuro del lavoro fatto dalla RSA inglese (Royal Society for the encouragement of Arts, Manufactures and Commerce), che ha provato ad immaginare come sarà il futuro tra 15 anni, nel 2035.

I problemi delle previsioni

I problemi di voler fare delle previsioni che riguardano gli impatti della tecnologia sul mondo del lavoro sono sempre questi:

  • Tendiamo a generalizzare, valutando l’impatto delle tecnologie sulla base di poche osservazioni;
  • Paragoniamo tecnologie diverse, pensando che sviluppi in un campo si riflettano in un altro;
  • Siamo impazienti, se qualcosa non succede nell’immediato pensiamo automaticamente che non potrà succedere nel futuro;
  • I fenomeni esponenziali, tipici nel mondo tecnologico e non solo, ci risultano alieni, come conseguenza della impazienza di cui sopra.

Questo ci porta a “sparare” previsioni sbagliate o non riuscire ad immaginare quello che avverrà: prima di iniziare i propri lavori di analisi RSA ha condotto una analisi preliminare delle analisi sul “future of work” di diverse società di consulenza, arrivando a trovare in alcuni casi, su uno stesso tema, anche 20 visioni diverse, completamente discordanti tra di loro.

Le scuole di pensiero

I suddetti limiti delle previsioni ci obbligano a seguire o a dichiararci fedeli seguaci di determinate filosofie di pensiero, quindi ci dobbiamo dichiarare o veniamo etichettati come:

  • Allarmisti, se crediamo che le tecnologie distruggeranno l’economia e il lavoro;
  • Sognatori, se crediamo che le tecnologie porteranno solo benefici;
  • Incrementalisti, se crediamo che le tecnologie porteranno solo pochi miglioramenti marginali;
  • Scettici, se crediamo che le tecnologie e i loro impatti siano altamente sopravvalutati.

Tutto questo ha un solo effetto, esacerbato anche da come le discussioni online tendono a svolgersi, ovvero quello di polarizzare le discussioni anche sul futuro del lavoro — così come accade con discussioni su temi politici, sociali ed economici.

Finché le discussioni sul futuro del lavoro avverranno solo tra sognatori, oppure tra scettici e allarmisti, non andremo da nessuna parte.

Fuga dalla polarizzazione: il potere degli scenari

Il cosiddetto “scenario planning” non è una novità assoluta: è una tecnica di pianificazione inventata negli anni ’70 da Shell, basata sulla elaborazione di un certo numero di scenari futuri possibili, dello sviluppo di una narrativa specifica per ciascuno di questi scenari, per arrivare ad una serie di indicazioni precise riguardo i pro e contro di ciascuno scenario, inclusive di suggerimento su come rafforzare i pro e diminuire gli effetti dei contro.

Gli scenari, quindi:

  1. Rompono il pensiero unico, il business-as-usual
  2. Il processo di elaborazione è collaborativo e democratico
  3. Trasforma informazioni in narrative

Benché l’output più suggestivo degli scenari sia una storia, una narrativa, questo non deve farci pensare che manchino di concretezza: come diceva il mio professore di chimica “a ghe la règola”, e gli scenari vengono elaborati con rigore scientifico partendo da principi molto chiari.

Cinque principi per gli scenari del lavoro futuro

Per liberarci dalla schiavitù delle previsioni ed elaborare scenari sul futuro del lavoro sono stati presi in considerazione questi cinque principi-cardine:

1. Guardare oltre l’automazione

Siamo sommersi da previsioni discordanti che dipingono l’automazione come nemico numero 1 per il prossimo futuro. La sostituzione dell’uomo con la macchina fa paura, perché è già successa in passato, ma la prospettiva necessita di essere più ampia e considerare altri elementi tecnologici che vanno oltre alla mera automazione dei processi.

2. Moderare gli entusiasmi sull’intelligenza artificiale

Il campo della intelligenza artificiali a già vissuto almeno un paio di cicli di “hype” a cui sono seguiti degli “inverni della AI”. Siamo lontanissimi dal poter sostituire l’intelligenza umana con una artificiale, ma allo stesso tempo alcune applicazioni algoritmiche specifiche possono effettivamente cambiare il lavoro in alcuni settori.

3. Considerare la diffusione tecnologica

Quando si parla di tecnologia non si tratta solo di una questione di quante e quali tecnologie sono a disposizione, ma anche di valutare aspetti come l’effettiva adozione (Qualcuno le sta usando? Quanto? Dove? In che modo? Con che impatti effettivi?) e la loro effettiva integrazione nel mondo del lavoro, perché le tecnologie non vivono mai in un vuoto.

4. Valutare le conseguenze sistemiche

La maggior parte delle previsioni sull’effetto delle tecnologie sul mondo del lavoro si ferma a conseguenza superficiali e di primo ordine. Sappiamo benissimo che queste non sono le uniche conseguenze possibile e occorre estendere l’orizzonte di analisi anche sulle conseguenze di secondo o terzo ordine.

5. Includere tematiche non-tecnologiche

I flussi migratori, la forza dei sindacati, investimenti in scuola e formazione professionale, l’impatto del cambiamento climatico e lo stato dell’economia globale sono solo alcuni dei fattori che non riguardano direttamente la tecnologia ma che devono essere considerati come elementi che introducono ulteriore incertezza negli scenari futuri.

I quattro futuri del lavoro

In coda a questo articolo includerò alcune considerazioni di metodo, per il momento mi limito a presentare le caratteristiche dei quattro scenari del futuro del lavoro che sono stati individuati da RSA.

Big Tech Economy

  • Uno scenario di grandi cambiamenti tecnologici, ad ampio spettro
  • L’automazione elimina ruoli legati sia all’operativo che al cognitivo
  • Poche grandi aziende tech ne traggono guadagno che viene portato all’estero e non trattenuto localmente
  • C’è poco lavoro, con settimane lavorative da 20 ore che sono la norma
  • La voce dei lavoratori è soffocata e i loro diritti non rispettati
  • Lo sviluppo tecnologico ci tiene tutti al sicuro in termini di intrattenimento, riparo e nutrimento

Precision Economy

  • La tecnologia avanza a ritmo costante, ma i progetti più ambiziosi vengono abbandonati
  • IoT e big data vengono usati dalle aziende per creare valore e individuare opportunità per questioni di efficienza
  • L’automazione è modesta, con molti lavori creativi e manuali al sicuro per il futuro a breve termine
  • Tuttavia i lavoratori saranno soggetti a nuovi livelli di controllo algoritmo, con sistemi di rating pervasivi
  • Il lavoro on-demand cresce perché le aziende hanno una idea migliore di chi serve loro, quando e con che competenze
  • Il monitoraggio di persone e oggetti porta a miglioramenti nella sanità, del policing e gestione ambientale

Exodus Economy

  • Una grave crisi economica innalza il livello di disoccupazione e porta a nuove misure di austerity
  • Misure di contingenza vengono applicate dalle aziende che proveranno in tutti i modi ad evitare la bancarotta e tagliare costi
  • Investimenti in innovazione crollano perché le aziende mirano a obiettivi di breve termine
  • L’automazione è quindi limitata ma mantiene l’economia poco competitiva e poco produttiva
  • Aziende locali si fondono per cercare economie di scale, o sono acquisite da investitori esteri
  • Il tenore di vita molto altalenante porta i lavoratori in strada, bloccando di fatto l’economia
  • Altri lavoratori cercheranno altri modi di vivere, lasciando le città per una vita migliore in zone rurali
  • Coloro che parteciperanno a questo cambio di vita e attitudine verso il lavoro si troveranno in condizioni materialmente peggiori, trovando però ricchezze in altri modi

Empathy Economy

  • Le innovazioni tecnologiche avvengono regolarmente e arrivano spesso localmente
  • L’opinione pubblica ha una visione negativa delle tecnologie a causa dei rischi sempre più evidenti
  • Le aziende tecnologiche si auto-regolano per evitare interventi regolatori esterni
  • L’automazione è moderata, aziende, lavoratori e sindacati collaborano per un utilizzo della tecnologia mutualmente benefico
  • I profitti della aziende vengono trattenuti e distribuiti a livello locale
  • I redditi delle persone fluiscono verso “settori empatici” come quello dell’educazione e dell’assistenza, più resistenti alla automazione
  • Questo tipo di lavoro è però emotivamente provante, richiede di gestire le proprie emozioni al servizio di migliorare quelle altrui

La metodologia è importante

Il report completo, di 74 pagine e che ho qui riassunto in duemila parole, descrive in maniera esaustiva la metodologia adottata per sviluppare questi scenari.

Senza dilungarmi troppo, sono state prese in considerazione nel dettaglio elementi riguardanti l’impatto specifico, sia positivo che negativo che la tecnologia ha non solo sul mondo del lavoro, ma sul mondo in senso più ampio.

Per evitare il problema di generalizzazione e di fare tutta l’erba un fascio, ad esempio le diverse tecnologie sono state categorizzate in: automazione, brokeraggio, management e digitalizzazione, in base a cosa, nello specifico, le tecnologie vanno a supportare.

Queste quattro categorie tecnologiche contribuiscono poi in maniera diversa ad alterare, in positivo e in negativo, questi aspetti del lavoro: sostituzione, aumento, generazione e trasferimento.

Una tecnologia che sostituisce in toto un essere umano ha un impatto diverso da una tecnologia che ne aumenta il lavoro, e un impatto ancora diverso lo si ha usando tecnologie che magari sostituiscono il lavoro ma generano la necessità di nuove competenze e nuovi lavori.

Sono state anche presi in considerazione gli elementi che possono rendere questi scenari più o meno plausibili in alcune zone o momenti storici rispetto ad altri o per alcuni gruppi demografici rispetto ada altri.

Il livello di competenze di partenza, il gruppo demografico di appartenenza, il luogo geografico e tutte le variabili extra-lavorative che fanno parte della identità delle persone influenzeranno direttamente come e quanto questi scenari si svilupperanno a livello locale e globale.

Aspetto che mi sta molto a cuore, quello dell’incertezza: sono stati applicati diversi livelli di incertezza ad una serie di fattori, sia tecnologici che non, come ad esempio: intelligenza artificiale, robotica e tutto quel gruppo di tecnologie tra cui guida autonoma, tecnologie immersive, IoT e blockchain.

Quanto e come queste tecnologie verranno effettivamente sviluppate e integrate nel mondo del lavoro, oggi non possiamo saperlo: sono quindi state applicate diverse scale di incertezza a tutti gli effetti che queste tecnologie potrebbero avere.

Ci sono, inoltre, elementi di incertezza non-tecnologica, come ad esempio: l’economia globale, gli squilibri regionali, bilanci di flussi migratori, concentrazione di mercato, la voce dei lavoratori, l’attitudine verso il lavoro e le strategie aziendali riguardo la forza lavoro.

Raccomandazioni per il futuro

Quello che mi piace degli scenari è che ci permettono di ragionare anziché fare una gara a chi ha fatto percentualmente la previsione più accurata. Ci fanno uscire dal pensiero unico e dalla discussione polarizzata, permettendoci di cogliere le inevitabili sfumature di cui è composta la nostra realtà.

Da qui, infatti, si traggono una serie di raccomandazioni che sono valide indipendentemente dal tipo di scenario che andrà a prefigurarsi nei prossimi 15 anni: come conclude il report spesso, occorre garantire il buon lavoro di tutti, indipendentemente dalla forma che prenderà.

1. Dibattiti più costruttivi

Come dicevo in apertura, se il dibattito sul futuro del lavoro si ferma a una misura di percentuali di esattezza di una previsione, perdiamo tutti. Avere una visione a scenari ci permette di avere dibattiti più informati, profondi e costruttivi.

2. Tecnologia etica

È inutile negare che l’utilizzo sempre più diffuso di tecnologie di controllo, di sensori e la quantità di dati di monitoraggio che ne derivano richiedano uno sforzo di progettazione che includa sempre di più considerazioni etiche ad ogni livello.

3. Apprendimento continuo

Comunque vada, andiamo incontro ad una epoca che ci richiederà di aggiornare le nostre competenze e capacità in maniera continua: l’infrastruttura per sostenere questo processo al momento è tra l’inesistente e il molto fragile, e deve essere una priorità per tutte le parti coinvolte.

4. Una rete di sicurezza per il 21esimo secolo

Da qualsiasi punto si voglia affrontare questi possibili futuri, andiamo incontro a scenari che generanno sia vincitori – coloro che si troveranno avvantaggiati da qualsivoglia impatto positivo della tecnologia sul proprio lavoro – che da vinti: questo avrà un effetto sia sulla occupazione che sui livelli di retribuzione, e occorre attrezzarsi per avere politiche del lavoro adeguate ad una flessibilità che finora non è mai stata presa in considerazione.

5. La voce dei lavoratori deve essere rafforzata

Fatto salvo per gli scenari spudoratamente tecno-ottimisti, quello che abbiamo assistito finora in termini di diritto del lavoro ha mostrato tutti i limiti di una legislazione ferma quantomeno al secolo scorso. Dopo un periodo in cui i sindacati hanno perso completamente rilevanza, stiamo per entrare probabilmente in una nuova era di concertazione collaborativa tra stato, aziende e lavoratori.

6. Regolamentazione agile

Quello che vale per il diritto del lavoro vale anche a livello più macroscopico per le aziende: il rischio e le opportunità di monopolio di poche grandi aziende sono già oggi sotto gli occhi di tutti, così come è sotto gli occhi di tutti l’inadeguatezza della regolamentazione esistente. Anche qui, per evitare effetti perversi, occorrerà rinnovare le modalità di collaborazione tra controllori e controllati.


Spero che questo riassunto ti sia stato utile, ti ricordo che il report completo “The Four Futures of Work: Coping with uncertainty in an age of radical technologies” può essere scaricato gratuitamente qui.


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