Ritmi individuali e collettivi: la produttività sta nel mezzo?

Questo è l’inizio di una esplorazione di temi che riguardano la gestione del tempo, delle energie, della attenzione e della collaborazione in quello che definirei condizioni sub-ottimali e croniche: lavoro da remoto, distribuito e da casa, moltiplicazione delle interazioni, moltiplicazione delle distrazioni, riduzione dell’attenzione unitamente ad alte aspettative di collaborazione e performance di gruppo.

Già questo primo paragrafo, letto tutto d’un fiato, ci fa capire come ci siano ormai tantissimi elementi che remano contro la nostra produttività e di come le aspettative che abbiamo verso noi stessi e verso gli altri siano poco realistiche, nel migliore dei casi: ci aspettiamo le stesse performance del mondo “di prima”, a volte addirittura superiori, in un ambiente che non è per nulla conduttivo di attenzione, tempi ben gestiti e collaborazione prolungata.

“Chi è senza peccato, scagli la prima pietra”, e quando a Marzo dell’anno scorso è scattato l’allarme globale della pandemia, con il conseguente passaggio al lavoro da casa forzato, i miei due pensieri immediati sono stati:

  1. Devo cambiare lavoro, perché il mio lavoro di consulente, coach e docente è fondamentalmente basato sulla relazione personale, sulla presenza e sull’essere in grado di facilitare le discussioni di esseri umani in uno spazio fisico definito, controllato e organizzato per favorire il massimo della produttività, e da remoto non posso farlo”;
  2. Ce la posso fare, sono un ottimo lavoratore da remoto perché in passato ho fatto parte di o dovuto gestire progetti anche con persone in diversi fusi orari, e da ex-programmatore conosco benissimo le dinamiche del lavoro asincrono contrapposto al lavoro sincrono, sono disciplinato nella gestione del mio tempo, scrivo bene e in maniera efficace, non ho bisogno di essere in riunione tutto il tempo”.

Come è andata finora? Inutile dire che entrambi i pensieri sono ancora presenti nella mia testa e sono stati contemporaneamente validati e invalidati più volte. Mi sto e ci stiamo ancora adattando.

The test of a first-rate intelligence is the ability to hold two opposed ideas in the mind at the same time, and still retain the ability to function.

F. Scott Fitzgerald

Partendo dalla osservazione del mio lavoro, del lavoro degli altri e di ricerche che ho svolto in questi ultimi 12 mesi, volevo fissare qualche concetto di base che è importante per capire che cosa dovrebbe cambiare nei nostri modelli mentali e metafore applicate al lavoro, in modo da fare un po’ meno fatica e capire come possiamo escogitare pratiche che funzionino sia per noi che per gli altri.

Trovo che la fascinazione per il lavoro in team abbia creato una distorsione su quanto sia importante invece valutare il lavoro individuale: parlando di come le persone distribuiscono le proprie energie lavorative (ma non solo) Steve Pavlina parla di plodding (“trascinarsi”) vs. bursting (“esplodere”).

Avete presente quelli che studiano tutti i giorni e quelli che studiano solo il giorno prima dell’esame?

Potremmo parlare di maratona/sprint, costanza/sprazzi, agricoltori/cacciatori, insomma, non è una metafora molto originale ma alcune considerazioni importanti vanno fatte in termini di:

  • Conoscere la nostra modalità operativa preferita
  • Conoscere la modalità operativa preferita di qualcun altro

Prima di passare al tema “lavorare con gli altri”, una doverosa precisazione: queste due modalità lavorative individuali non sono mutualmente esclusive. Si possono applicare modalità diverse a diversi tipi di attività, e queste modalità possono anche essere concatenate nell’arco di una stessa giornata — altro fattore importante, queste modalità potrebbero non essere decise da noi e imposte da fattori esterni (tanto di cappello ai genitori là fuori).

Alcune attività richiedono costanza, altre attività richiedono sprint. A volte non sta nemmeno a noi decidere.

Prima ho parlato di “fascinazione per il lavoro in team”: basta fare una ricerca di foto di stock per “agile” o “Scrum” per vedere immagini di gruppi di persone riunite nella stessa stanza che attaccano Post-It™ ovunque, esultanti. Ecco, il nostro lavoro, ammesso che sia mai stato davvero così, decisamente non è più così.

Possiamo davvero collaborare continuativamente, a ritmo così costante?

Collaborare tutti assieme appassionatamente, a ritmo costante, non è la “forma” che il nostro lavoro ha preso negli ultimi 12 mesi, anzi, possiamo tranquillamente affermare che la direzione presa è opposta.

A maggior ragione, occorre tenere conto delle nostre modalità operative individuali quando lavoriamo con gli altri: se ci pensate, ognuno di noi lavora concatenando momenti di costanza a momenti di lavoro a sprazzi, e così farà ciascuna persona con cui collaboriamo, che sia dentro o fuori al nostro team.

Avete presente quando giocate a Tetris per incastrare le agende?

Questa mancanza di sincronia non ha solo a che fare con i tempi, ma ha anche a che fare con le energie e il livello di attenzione che possiamo dedicare reciprocamente: é diventato pressapoco impossibile trovare il momento in cui sono “tutti liberi” e, qualora fossimo liberi dal punto di vista temporale, questo non garantisce che lo saremo anche dal punto di vista mentale.

No, non si lavora “tutti insieme sempre”.

Comprendere se siamo maratoneti o sprinter, e inoltre quando e su quali attività, è un passo fondamentale per capire gli altri: solo la consapevolezza individuale riguardo come preferiamo o possiamo distribuire tempo ed energie può portare ad una consapevolezza dell’altro e, in ultima istanza, di gruppo.

Ribadisco il concetto: indipendentemente da quando grande e coeso può essere il nostro team, non possiamo né dobbiamo lavorare “tutti assieme sempre”.

Rivedere i modelli di collaborazione di gruppo partendo da modelli di produttività individuale è quello che al momento sto iniziando ad esplorare: come persona che ancora si definisce “coach di team” mi sono reso conto di aver snobbato la dimensione individuale per tanto tempo.

Le isole di produttività individuale che si sono create hanno distorto il senso del lavoro in team, lavoro in team che a sua volta è stato dipinto con modelli inadeguati alla realtà attuale: personalmente sto riconoscendo come integrare la dimensione individuale a quella di gruppo stia divendando una parte essenziale della gestione della collaborazione tra le persone.

Sei sprinter o un maratoneta? Su quali attività sei più sprinter? Su quali più maratoneta? Le persone che lavorano con te come “viaggiano”?