È una mattina della metà degli anni ’80.
Sono malaticcio, quindi non sono all’asilo.
Sono a casa con mio padre, eccezionalmente: mia madre fa i turni in fabbrica ed è capitato un turno non favorevole al babysitting del malaticcio.
Mettiamo in ordine le macchinine.
Sta per partire un gara nel corridoio.
Sono pronto a partire, ma mio padre mi ferma.
“Bisogna pulire la pista prima della gara”, dice.
Va a prendere l’aspirapolvere, pulisce il corridoio.
Sono di nuovo pronto a partire, ma mio padre mi ferma di nuovo.
“Dobbiamo mandare avanti l’apripista, e controllare che sia tutto a posto”, dice.
Lancia una macchinina apripista.
Siamo pronti a partire.
Mio padre è stato una presenza silenziosa nella mia vita.
Quando parlava, aveva qualcosa da dire.
Quando faceva, diceva più di qualsiasi cosa avesse potuto dire con le parole.
Oggi è la mia terza festa del papà senza un papà.
Tutti noi che non abbiamo più un papà siamo grati al coronavirus per aver sospeso o limitato tutte le pubblicità sulla festa del papà.