Free but not cheap

Free but not cheap significa fare cose gratis, ma che non sono convenienti: ovvero, nessuno mi paga per farle e mi richiedono un sacco di tempo e impegno.

Ma le faccio lo stesso perché:

  • Mi piace farlo
  • Mi diverte farlo
  • Facendole, miglioro
  • Crea valore per me e spesso anche per altri

Breve parantesi su “gli altri” e “valore”: tra i motivi per cui lo faccio notate l’assenza di quello a cui è naturale pensare, ovvero “ricevere like” o “costruire una audience”.

Per quanto, innegabilmente, “ricevere like” e “costruire una audience” siano entrambe fonti di rilascio di endorfine, che in questo periodo aiutano, la manciata di like e alcune decine di persone che mi seguono non sono certo sufficienti a giustificare l’impegno che ci metto nel fare quello che faccio nel “tempo libero”.

Credo, inoltre, che il modello “influencer” sia superato, e pure quello dei “1000 veri fan” non sia più attuale.

In questo momento storico in cui si deve uscire dai modelli che funzionavano fino a ieri, credo anche che il “come si sta online”, come persone e professionisti, debba cambiare radicalmente, non fosse altro perché sta già cambiando.

Ho iniziato a prestare più attenzione a quello che faccio nel tempo libero, perché diverse persone mi hanno chiesto se potevano pagarmi per qualcosa che stavo facendo senza alcun pensiero di “monetizzazione”.

Oltre all’inevitabile imbarazzo — ho 36 anni e 15 anni di esperienza lavorativa, e ancora quando mi chiedono “quanto costa?” mi imbarazzo — queste domande mi hanno fatto riflettere sul fatto che probabilmente non presto sufficiente attenzione a tutte le cose che faccio.

Per cui, ecco, ad esempio, tra Marzo e Aprile ho:

In tutto questo, comunque, ho un lavoro — anzi, tecnicamente, al momento, ne ho due.

Quindi non lo faccio per soldi, non lo faccio perché ho eccesso di tempo libero: lo faccio principalmente perché crea valore per me e, in seconda battuta potrebbe creare valore per qualcun altro.

Lo faccio, anche, perché fare è il modo migliore per imparare.


“I have the advantage of having found out how hard it is to get to really know something. How careful you have to be about checking your experiments. How easy it is to make mistakes and fool yourself. I know what it means to know something.”

— Richard Feynman


Non è solo un picco di produttività da coronavirus. Alcune di queste cose le faccio regolarmente. Alcune di queste cose le faccio regolarmente da anni. Molte di queste cose sono basate su abitudini che mi porto avanti dai tempi da quando ero bambino.

Riprendendo Feynman, so cosa significa conoscere qualcosa, perché so cosa significa non conoscerlo: esporre il processo di come impari attraverso quello che fai ha un valore immenso.

Esporre il processo non ha niente a che fare con essere esperti, ma, al contrario, ha ha che fare con il creare una connessione con gli altri perché puoi condividere gli sbagli e le cose che “ti escono male” (come il mio italiano e i CSS di questo sito).


“A lot of first-timers are making the same mistake: They’re listening to experts. Experts can make things grow that you can’t, because they are experts. What you need is a terrible gardener to tell you what anybody can grow.”

– Tamar Haspel


Forse, un giorno, tutto questo avrà anche un valore economico. Forse mi farò pagare. Forse diventerà un lavoro. Ma non è quello l’obiettivo, nel frattempo mi crogiolo nel processo, che è sempre la parte più interessante.